Fight or flight: la risposta fisiologica al pericolo


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Immagina di trovarti in un parcheggio buio e che qualcuno giunga improvvisamente alle tue spalle. Probabilmente ha intenzione di aggredirti o derubarti.
Prima ancora di potere “pensare” a ciò che sta succedendo e a come reagire, il tuo fisico ha già prodotto una risposta istintiva, attivandosi per reagire al pericolo.

Questa risposta risiede nella profondità del sistema nervoso, in quelle aree del cervello "primitivo" che, prima di pensiero e ragionamento (prerogative della specie umana), producono un riflesso intenso utile alla sopravvivenza.
Possono allora accaderci tre cose:
la prima, intraprendere un "combattimento" con l'aggressore (fight);
la seconda, tentare una fuga precipitosa (flight);
la terza, restare completamente paralizzati e incapaci di reagire in qualsiasi modo (freeze).

Quale di queste reazioni (o non-reazione) avvenga dipende da una quantità di rapide valutazioni che il sistema nervoso fa in modo automatico circa lo scenario esistente.

Dunque, di fronte al pericolo, percepito a livello conscio o anche inconscio, il sistema nervoso ti prepara ad affrontare molto rapidamente la situazione: in questa fase avviene una intensa produzione di adrenalina e una accelerazione del battito cardiaco.

L’amigdala (la "ghiandola della paura”) attiva l’ipotalamo: una minuscola ma importantissima area dell’encefalo che controlla la maggior parte delle funzioni organiche indipendenti dalla volontà (temperatura corporea, frequenza cardiaca, bilancio idrico, respirazione, pressione sanguigna) ed è strettamente collegato col funzionamento del sistema endocrino e immunitario.
Il suo compito è la conservazione dell’omeostasi (o equilibrio funzionale).
In presenza di un fattore di stress, l’ipotalamo interviene tentando di conservare lo stato di normalità dell’organismo, agendo direttamente sul sistema nervoso autonomo e sull’apparato endocrino.
L’azione dell’ipotalamo produce 4 effetti immediati:
1) secrezione di ormoni specifici, cortisolo, adrenalina e noradrenalina (prodotte in quantità dieci volte superiore del normale);
2) stimolazione di numerosi organi e apparati (sistema nervoso, circolatorio, muscolatura liscia, ecc.)
3) inibizione di motilità e secrezione degli organi dell’apparato digestivo;
4) produzione di betaendorfine, gli antidolorifici propri dell’organismo che consentono, tramite l’innalzamento della soglia del dolore, di resistere a tensioni emotive, traumi fisici o sforzi più intensi di quanto sarebbe normalmente sopportabile.

La secrezione di ormoni combinata con la stimolazione del sistema nervoso provoca numerose ulteriori reazioni organiche. Il cui effetto è un aumento del metabolismo:
- il cuore accelera i propri battiti
- la pressione sanguigna s’innalza
- aumenta la sudorazione
- si incrementa la funzione respiratoria
- le pupille si dilatano (visione estesa)
- i bulbi piliferi si contraggono (effetto pelliccia)
- il sangue defluisce dalle aree periferiche (vaso costrizione periferica)
- aumenta la capacità di coagulazione
- il sangue confluisce a supportare gli organi vitali (cuore, polmoni)
- la funzione digestiva tende ad arrestarsi (inutile e in risposta a shock alimentare)
- i muscoli si contraggono come per affrontare un aggressore
- alla fine di questa attivazione, l’irrorazione sanguigna diminuisce anche nelle aree del cervello specializzate all’elaborazione delle informazioni e alla soluzione dei problemi, lasciando spazio alle reazioni automatiche ed istintive del paleocervello. (ricordo che l’efficienza mentale è massima nel rilassamento profondo).

I meccanismi appena accennati ci predispongono velocemente ad affrontare entrambe le soluzioni, visto che – sia che si combatta o che si fugga – nei momenti successivi al terrore, al nostro corpo è richiesta una impennata di forza, agilità, velocità, reattività. Nei momenti di terrore il corpo tende ad avere un picco di attività metabolica talmente elevato, che il tempo sembra rallentare: istinto e valutazione analitica dello scenario da affrontare si mescolano e in poche frazioni di secondo ci ritroviamo a correre più velocemente di quanto mai avremmo pensato o a picchiare con una forza che non pensavamo di avere. Molto spesso, quando la situazione torna normale, ci accorgiamo di avere dolori muscolari e articolari, o ferite, che prima non “sentivamo”. Ciò accade perché durante il meccanismo “combatti o fuggi” il corpo si preoccupa di salvare la nostra vita senza risparmiare il nostro sistema locomotore o lasciando in secondo piano tutti i nostri dolori.


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