Donne in viaggio
Intervista pubblicata su Risk Management News, n. 58 - Agosto 2018
Periodico di informazione di ANRA
(Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali)
La protezione del personale in missione all’estero è una precisa responsabilità dell’azienda.
Rientra, infatti, negli obblighi di tutela della sicurezza, della vita e della salute dei dipendenti previsti dal DL 81/2008 (TUSL), specificata ulteriormente nel DL 231/2001.
In Italia ancora non esiste una sufficientemente diffusa attenzione verso la business travel security, ancora minore consapevolezza esiste verso il problema della protezione del personale femminile dislocato all’estero, personale che è sempre più numeroso, anche per il moltiplicarsi delle sedi internazionali delle imprese italiane, e che è esposto a rischi che solo in parte coincidono con quelli cui sono esposti gli uomini, avendo caratteristiche differenti sia per tipologia che per intensità.
Se quindi da un lato imprese e organizzazioni devono aiutare le proprie viaggiatrici internazionali e il proprio personale femminile dislocato all’estero, attuando tutte le misure necessarie per l’individuazione dei rischi generali e specifici di ogni destinazione, implementando sistemi di monitoraggio delle missioni e dotandosi di strutture di crisis management, eccetera, d’altra parte le viaggiatrici devono a loro volta appropriarsi di conoscenze, competenze e capacità che consentano loro di muoversi in sicurezza.
Una considerazione importante riguarda i Paesi in cui una quantità sempre maggiore di personale femminile italiano si trova ad operare: sono infatti i Paesi emergenti che offrono le maggiori opportunità di business ma che sono al contempo caratterizzati da problemi di sicurezza particolarmente gravi e che richiedono analisi specifiche, Paesi in cui, proprio per il loro stadio di evoluzione storica, la condizione delle donne è particolarmente critica. Le analisi di rischio devono essere particolarmente attente quindi anche a questi aspetti.
È partendo da queste considerazioni che il 23 maggio scorso, nell’ambito del progetto Operating in complex environments, con il Patrocinio del Comune di Bologna, si è svolto il primo workshop “Viaggiare sicurE” dedicato alla specificità femminile nella business travel security.
Abbiamo incontrato l’organizzatrice dell’evento, Antonella Grazia, produttrice del progetto OICE e consulente esperta in BTS, per chiederle di parlarci dell’iniziativa e di come ritiene che le organizzazioni debbano includere la travel security femminile nelle strategie di gestione integrata del rischio.
Perché un workshop sulla travel security al femminile?
Come donna ho avuto modo di sperimentare le difficoltà incontrate durante i viaggi all’estero, difficoltà che sono in parte differenti da quelle incontrate dai colleghi uomini. In molti casi non si tratta solo di un livello di rischio differente, ma di vere e proprie minacce specifiche.
Relatrice principale del workshop è stata Suzanne Williams (già ufficiale responsabile della Kidnap Negotiation Unit e della Hostage Crisis Negotiation Units di Scotland Yard). Come mai hai deciso di coinvolgerla?
Sue ha una altissima professionalità e una straordinaria esperienza nel mondo della security e ho ritenuto opportuno che fosse una donna a parlare non solo alle viaggiatrici della loro sicurezza, ma anche a chi ha obblighi aziendali di protezione nei loro confronti. Sue è uno dei principali esperti di travel security e di crisis management a livello globale, avendo collaborato con numerose grandi aziende e organizzazioni non governative.
Quali sono stati i principali argomenti affrontati durante il workshop?
Ogni viaggio comporta elementi di criticità per la sicurezza.
Quali sono i rischi a cui sono più facilmente esposte le donne che viaggiano rispetto agli uomini?
Quali sono i motivi di queste differenze?
Quali sono le regole di comportamento che consentono di mitigare efficacemente i rischio e di affrontare con successo situazioni di emergenza?
È bene chiarire subito come non si tratti semplicemente di preoccupazioni di carattere fisico o sanitario o solo della possibilità di una aggressione sessuale. Non si tratta affatto di una condizione di maggiore fragilità o debolezza: è una questione di consapevolezza e di percezione.
Di consapevolezza perché le donne devono essere accuratamente informate sullo scenario di rischio in cui si troveranno ad operare ed essere formate di conseguenza, con alta specificità anche relativamente al genere. Di percezione perché generalmente le donne sono considerate obiettivi vulnerabili e devono adottare comportamenti che comunichino il contrario. D’altra parte ci sono problemi di ambiente culturale: ad esempio nelle culture islamiche integraliste le donne corrono rischi gravissimi quando non osservano regole di condotta per loro molto rigide e lontane dal nostro modo di vivere.
Quindi la sicurezza del personale femminile in viaggio o assegnato all’estero deve trovare una specifica attenzione in azienda?
Esattamente. Rientra nella costruzione di una solida cultura della sicurezza aziendale e deve fare parte dei protocolli di analisi dei rischi in ambito travel security e di formazione del personale. Specificando, a mio avviso, di come non si tratti di percorsi di formazione separati, ma integrati in una logica di conoscenza dei rispettivi campi e di collaborazione e supporto reciproco anche fra gli stessi dipendenti.
Puoi indicare alcuni basilari suggerimenti di Business Travel Security, particolarmente necessari per le donne?
La prima fondamentale indicazione, valida sia per uomini che per donne, è acquisire informazioni approfondite sulla destinazione. Un risk report adeguato sarà in grado di mettere in evidenza le criticità specifiche per le viaggiatrici relativamente ad ambiente culturale, livello di criminalità, possibilità di essere vittime di aggressioni sessuali. La valutazione dei rischi è un obbligo del datore di lavoro (anche in funzione della opportunità o meno di inviare il proprio personale), che poi dovrà mettere a disposizione della viaggiatrice le informazioni ottenute.
Un’altra importante indicazione è il cosiddetto “basso profilo”, ossia l’opportunità di “mimetizzarsi” nell’ambiente in cui si andrà ad operare: non vestire in modo appariscente è una regola che vale sempre ed è più probabile che sia una donna a vestire in modo differente dal contesto in cui si trova, anche semplicemente “vestendo normalmente” come farebbe nel proprio ufficio. La differenza attrae l’attenzione e questo può significare diventare un obiettivo. Questo è tanto più vero in un Paese islamico in cui è necessario adeguarsi alle abitudini locali, ad esempio coprendosi il capo (ma non solo: dipende dalle destinazioni).
Ci sono Paesi in cui le donne non possono andare in giro da sole, non possono stare da sole in un ufficio con un uomo se non è presente anche un’altra donna. Fino ad oggi in Arabia Saudita è vietato a una donna guidare l’auto. In molte zone dell’India il rischio di aggressione sessuale è altissimo, stante anche l’impunità di questo reato.
Una ultima (per ora) indicazione di comportamento importantissima, specialmente per le donne: stabilire un confine solido intorno a sé, non dando confidenza ad estranei e non sentendosi in dovere di essere “educate” con persone insistenti. E’ importante sviluppare una corretta comunicazione non verbale per dissuadere e respingere qualsiasi attenzione da parte di sconosciuti.
Quali sono attualmente le destinazioni più pericolose per le viaggiatrici?
Possiamo fare solamente una ricognizione sommaria. Peraltro l’indicazione di “destinazioni a rischio” potrebbe essere fuorviante, distogliendo l’attenzione dal fatto che il rischio è ovunque e non dipende strettamente da questioni geografiche, come d’altra parte la sicurezza può essere sviluppata dappertutto con gli idonei strumenti di organizzazione, analisi, formazione e recovery.
Ci sono destinazioni estremamente rischiose rappresentate dai Paesi in cui sono in atto guerre dichiarate: data la caratteristica di tanti conflitti odierni, che spesso coinvolgono solo parzialmente il territorio di un Paese, consentendo il proseguire di attività economiche in altre aree (anzi, con forti possibilità di sviluppo economico intenso una volta cessato il conflitto) è possibile doversi recare in territori al limite di guerre.
Altre destinazioni rischiose, con risvolti specifici per la sicurezza delle donne che vi si recano, sono i Paesi islamici in cui viene applicata la Shari’a, particolarmente severa nei confronti delle donne (particolarmente seria la situazione dell’Arabia Saudita). Va sottolineato come anche laddove si stanno verificando alcune aperture a livello di leggi nei confronti delle donne (vedi ad esempio in Arabia Saudita la possibilità di guidare l’auto) resti forte il rischio di episodi di intolleranza anche con gravi conseguenze da parte di gruppi integralisti.
Nell’America Centrale e Meridionale il rischio predominante è rappresentato dalla criminalità (più o meno legata al narcotraffico) in tutte le sue gradazioni, dalla aggressione per furto al rapimento: e qui vale quanto detto per le donne in quanto percepite come target più facili.
E dopo Viaggiare sicurE?
Viaggiare sicurE continua. È mia intenzione dare un seguito, all’interno del progetto Operating in Complex Environments, attraverso percorsi di formazione, sia diretti ai Risk Manager che devono adottare un approccio anche in questa direzione nella individuazione dei rischi di ogni destinazione operativa, sia rivolti alle business traveler per integrare in senso specifico lo sviluppo di comportamenti funzionali alla loro sicurezza.
Viaggiare sicurE - Brochure
Viaggiare sicurE - Rollup
Risk Management News, n. 58 - Agosto 2018
.