Travel security: i rapimenti da parte di organizzazioni criminali e terroristiche

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19 luglio 2015 - Gas Station di Mellitah, Libia
L’impianto è di proprietà di ENI e della libica National Oil Company. 

Fa parte del Greenstream, oleodotto di 520 km che trasporta il gas libico all’Italia. 
A Mellitah la sezione di compressione invia il gas 
nella conduttura sottomarina a 1127 metri di profondità 
prima di riemergere a Gela, in Sicilia. 

La stazione è stata costruita dalla Bonatti Spa, che ne cura la gestione, 
a tempo di record, fra il 2003 e il 2004.
Bonatti Spa, società con sede a Parma, 
gestisce 6.000 dipendenti nel mondo in 14 Paesi, 
dal Messico al Nord Africa, dall’Arabia Saudita al Kazakhstan.

Nel 2014 ha fatturato 740 milioni di euro, con un portafoglio lavori di 1,8 miliardi di euro.

Bonatti SpA ha sicuramente grandi capacità di business: è in grado di agire con continuità in aree geografiche ad alto potenziale petrolifero, talvolta politicamente instabili, attraverso organizzazioni fisse che si radicano nel territorio, inserendosi nelle dinamiche economiche e produttive.
Dalla Libia si è ritirata per un brevissimo periodo alla caduta di Gheddafi, per poi rientrare, fra le prime aziende a tornare sul campo.
La mattina del 15 luglio 4 uomini della Bonatti SpA, Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno, Salvatore Failla partono dall’Italia per la Tunisia, dove arrivano nel primo pomeriggio. 
Secondo il programma si sarebbero dovuti fermare in albergo a Gerba per tre giorni, fino al mercoledì, 
quando dal porto di Zarzis (sempre in territorio tunisino) sarebbe partita la chiatta per portarli via mare al molo 
dell’impianto di trattamento gas di Mellitah, in Libia. 
Questo programma di viaggio aveva lo scopo di evitare il trasferimento via terra 
lungo le pericolosissime strade desertiche della Tripolitania, pattugliate dalle milizie libiche.
Ma qualcosa a un certo punto è andato storto: 
due dei tecnici avrebbero dovuto proseguire da Mellitah per un’altra destinazione 
e non avrebbero fatto in tempo a prendere l’aereo che decolla solo una volta alla settimana. 
Un problema di tempi, che avrebbero provocato un ritardo di una settimana per due di loro. 
L’azienda decide per il trasporto via terra, proprio su quei percorsi reputati rischiosissimi.
Un minivan li preleva a Gerba. L’autista ha già lavorato in numerose occasioni per Bonatti e pare persona fidata.
Passato il confine Libico, il van viene fermato, i quattro uomini vengono sequestrati fra Zuara e Mellitah.
Che cosa è successo? molto probabile che l’autista “fidato” in realtà li abbia venduti. E’ scomparso: di lui non si è più saputo nulla. 
Banditi in cerca di un riscatto, magari estemporaneo, e che in caso di rifiuto, “rivendono” gli ostaggi ai terroristi? 
o forse qualcuno voleva approfittarne per mettere in discussione l’efficienza operativa di Bonatti, che aveva appena ottenuto un appalto gigantesco di Kazakhstan…, portando comunque un riscatto nelle casse della jihad?

Comunque quella strada non andava percorsa. 
Comunque non ci si doveva viaggiare via terra senza scorta armata professionale.
Salvatore Failla, Fausto Piano, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno restano nelle mani dei sequestratori fino al marzo dell’anno successivo: otto mesi terrificanti…

Nel marzo 2016 l’azienda e le autorità italiane,
nonostante la legge imponga il divieto di pagare riscatti per rapimenti ad opera di organizzazioni criminali o terroristiche, sono pronte a pagare il riscatto, ma succede qualche cosa che ancora non è stato chiarito.
All’incontro con i rapitori, una sparatoria: Salvatore Failla e Fausto Piano restano uccisi.

Gino Pollicardo e Filippo Calcagno riusciranno a tornare dalle loro famiglie alcuni giorni dopo.

Processo Bonatti
Sentenza Bonatti


19 settembre 2016 - Aeroporto di Ghat, Libia
Con.I.Cos. è una società piemontese che opera da decenni in Libia con numerose commesse di ingegneria civile.
Ghat è una piccola cittadina di 18.000 abitanti, capitale della regione del Fezzan. E’ un’oasi nel Sahara nella Libia meridionale. 
E’ lontanissima dalla costa Mediterranea 
in cui continuano a svolgersi duri conflitti fra le varie fazioni della Libia 
del dopo Gheddafi. 

I rapporti fra i dipendenti del cantiere e la gente del luogo sono cordiali e collaborativi: 
molto spesso, la notte, i generatori di corrente del cantiere 
vengono messi a disposizione della cittadina, che ha problemi di energia elettrica.
Bruno Cacace e Danilo Calonego sono due dipendenti di Con.I.Cos.: lavorano alla ristrutturazione dell’aeroporto di Ghat, in Libia.
 Hanno una lunghissima esperienza di lavoro all’estero.
Trascorrono più tempo in Libia che in Italia. 
Sono sinceramente affezionati al modo di vivere e alla gente di quei posti: Calonego si è convertito all’Islam anni fa.

Vengono rapiti, insieme a un collega canadese, alle sette del mattino del 19 settembre 2016, 
mentre si stanno spostando in auto fra Ghat e la vicina Tahala.
Restano nelle mani dei rapitori per un mese e mezzo e poi alla fine, fortunatamente, sono liberati e riescono a tornare allo loro case.
Le principali testate giornalistiche e le fonti di informazione istituzionali descrivono il teatro del rapimento come una zona tranquilla.
Ci sono numerosi avvisi e anche interdizioni di viaggio per le zone del nord della Libia, in cui proseguono gli scontri fra le milizie.
Nulla relativamente dal Fezzan.
Ma la situazione del Fezzan era questa, e nessuno ne aveva capito il rischio

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Il rapimento di stranieri da parte di gruppi terroristi è motivato da tre diverse ragioni:
1)  l’ottenimento di un riscatto: i proventi del kidnap for ransom sono una delle principali fonti di finanziamento dell’ISIS, insieme al traffico di esseri umani, di droga, di reperti archeologici, al finanziamento da parte di paesi compiacenti e, da quando lo stato islamico ha conquistato materialmente territori, al contrabbando di petrolio e alle tasse imposte alla popolazione conquistata. 
Considerando l'esito della guerra contro il califfato islamico e la conseguente perdita di territori e relativi risorse, è pensabile un aumento dei rapimenti come fonte di finanziamento.
2)  Messaggio mediatico teso a suscitare paura e orrore nel “nemico” occidentale e infedele. A partire dalla decapitazione via web del giornalista statunitense James Wright Foley il 19 agosto 2014 e fino a quando non è stato deciso almeno da parte di alcune testate giornalistiche e televisive mondiali di mettere un freno alla diffusione dei video, le “esecuzioni” di prigionieri avvenute nei modi più orrendi aveva lo scopo di dimostrare l’assoluta determinazione dello stato islamico nel distruggere il nemico. 
Che i prigionieri uccisi fossero stati rapiti per questo scopo, o che siano stati uccisi non avendo ottenuto il pagamento di un riscatto, comunque le esecuzioni hanno rappresentato uno sconcertante successo. Va anche detto che spesso un rapimento inizia ad opera di una banda di criminali comuni, che poi cedono il prigioniero ai terroristi. 

3)  Il messaggio intimidatorio sempre di tipo mediatico nei confronti di tutti quei musulmani - uomini e paesi - che non intendono sottostare alla visione criminale che ISIS fa della religione islamica. 


The Guardian, 25/1/2019, The business of kidnapping: inside the secret world of hostage negotiation (PDF)
The Guardian, 2/1/2015, My 977 days held hostage by Somali pirates (PDF)
New York Times, 9/11/2018, Somali Pirates, a Kidnapping, Then a Facebook Message

Gli esempi raccontati riguardavano persone all'estero per ragioni di lavoro. Non sono questi i soli obiettivi: numerosissimi i collaboratori di ONG e i turisti sequestrati, nel tentativo di forzare organizzazioni, famiglie e Stati a farsi carico del riscatto.
È certamente possibile contenere i rischi di un rapimento attraverso comportamenti adeguati, ma soprattutto evitando di avventurarsi in zone a rischio.

Qui i Rapporti Europol Terrorism Situation and Trend 2016, 2017 e 2018 che contengono anche i dati sui rapimenti e le uccisioni di cittadini europei da parte di terroristi islamici

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Scott Bernstein, The global kidnapping epidemic
Scott Bernstein, Kidnapping menace. Top 10 countries





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Antonio Zoppetti, Primo soccorso. Cosa fare (e non fare) nei casi di emergenza, Hoepli (Sapere che cosa fare, e soprattutto che cosa non fare, per soccorrere vittime di incidenti o di un improvviso malore dovrebbe far parte del bagaglio culturale di ognuno di noi. Invece pochi sanno come affrontare situazioni in cui un'azione rapida e corretta può essere determinante per salvare delle vite o ridurre i danni alla salute delle persone coinvolte)

Fabrizio Nannini, Mental survival Psicologia e tecniche di sopravvivenza mentali per affrontare ogni situazione, Hoepli (Manuale pratico di preparazione alle emergenze individuali e di gruppo Vi è mai capitato di percepire un grande rischio o di sentirvi in pericolo? Siete mai stati bloccati dal panico per qualcosa che vi è successo? Vi siete mai trovati in situazioni di grande confusione e avete rischiato di perdere il controllo? Il “mental survival” serve a capire quali sono i meccanismi dietro a questi fenomeni e come imparare a fronteggiarli.)

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