
Psicologia della sicurezza
"Security is both a feeling and a reality. And they're not the same"
(Bruce Schneier)
La sicurezza reale si fonda sulla matematica e riguarda la probabilità che si verifichino i possibili rischi e l'efficacia delle misure di protezione adottate. Possiamo valutare quanto è sicura la nostra abitazione rispetto ai furti prendendo in considerazione fattori quali il tasso di criminalità della città in cui viviamo. Possiamo anche calcolare di quanto un antifurto può aumentare la sicurezza della nostra casa: data una quantità sufficiente di informazioni, ciò è facile.
La sicurezza è anche una sensazione che si basa sulle nostre reazioni psicologiche ai rischi ed alle misure di protezione. Si può essere spaventati dal terrorismo o, viceversa, non sentirsi in alcun modo minacciati.
Più in generale, si può essere al sicuro anche se non ci si sente al sicuro e viceversa sentirsi al sicuro anche se in realtà non lo si è.
Lo studio della relazione fra rischio reale e rischio percepito si basa su quattro ambiti di ricerca:
1) la psicologia delle decisioni, che studia il modo in cui vengono prese le decisioni.
2) la psicologia del rischio, che analizza la valutazione del rischio (sovrastima e sottovalutazione)
3) le neuroscienze, che studiano la struttura e il funzionamento del sistema nervoso: la psicologia della sicurezza è infatti intimamente legata al modo in cui pensiamo sia dal punto di vista razionale che da quello emozionale (evoluzione e adattamento del sistema nervoso e quindi del rapporto uomo/ambiente)
4) l'economia comportamentale, che si occupa di come le convinzioni - emotive, sociali e cognitive - influenzino le decisioni economiche.
La sicurezza consiste nel bilanciare diverse esigenze, cioè nell'effettuare dei compromessi, degli scambi, tra i guadagni rispetto ad un certo obiettivo e le rispettive perdite riguardo a un altro
La sicurezza è un "trade-off", un compromesso, nel quale si è disposti a scambiare maggiore protezione con costi, tempo o scomodità: ad esempio si è disposti a portarsi sempre dietro una chiave per potere difendere la propria abitazione dalle intrusioni, chiudendone la porta, oppure si perde tempo prima di imbarcarsi su un volo per consentire controlli dei passeggeri e dei bagagli e quindi viaggiare più sicuri.
Non ha senso affrontare la sicurezza in termini assoluti di efficacia. I giubbotti antiproiettile sono molto efficaci nel fermare le pallottole, ma per normali abitanti di una città occidentale, in cui esiste legalità diffusa e un controllo di polizia, è assurdo indossarne uno: la sicurezza aggiuntiva non ne giustifica l'uso costoso e scomodo (trade-off negativo). Mentre per un reporter in zona di guerra il giubbotto antiproiettile è una scelta opportuna e necessaria (trade-off positivo)
Noi facciamo trade-off di sicurezza ogni giorno, quando decidiamo se pagare un acquisto in contanti o con carta di credito, quando guidiamo l'auto, quando scegliamo con che cosa nutrirci... e nella quasi totalità dei casi li effettuiamo in modo intuitivo e inconsapevole.
Ogni essere vivente compie tali compromessi di sicurezza sia in quanto specie (evolvendosi in una direzione piuttosto che in un'altra), sia come individuo: in quanto specie di successo nel pianeta, gli esseri umani devono avere dimostrato di avere una grande capacità si compiere buoni trade-off di sicurezza, altrimenti si sarebbero estinti. Eppure, allo stesso tempo, sembriamo naturalmente portati a commettere errori di valutazione: perché nonostante sappiamo che le automobili uccidono ogni anno 40.000 persone solo negli Stati Uniti e gli aerei uccidono solo poche centinaia di persone in tutto il mondo, si ha più paura degli aerei che delle automobili?
E' il modo in cui il nostro cervello funziona che ci rende più preoccupati di volare piuttosto che di guidare?
Comprendere questi meccanismi, perché esistono e perché ci fanno cadere in errore è fondamentale per comprendere come prendiamo le nostre decisioni in tema di sicurezza.
L'errata percezione del rischio sembra riconducibile a convinzioni più generali ricorrenti:
1) tendenza a sovrastimare rischi spettacolari ma rari e a sottovalutare i rischi comuni.
2) difficoltà nello stimare i rischi quando non rientrano nella realtà quotidiana
3) attribuzione di maggiore rischio a eventi che coinvolgono la propria sfera personale rispetto agli altri
4) sottostima dei rischi che si possono assumere volontariamente e sovrastima i rischi relativi a situazioni fuori dal diretto controllo
5) sovrastima dei rischi di cui si parla spesso e che rimangono a lungo all'attenzione del pubblico
(approfondisci: Convinzioni e rischi)
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